
di Paolo Cento
Il mondo sta cambiando e, anziché uscire da una transizione già troppo lunga, è piombato nel caos e nel disordine globale. I primi mesi della Presidenza Trump, la tragedia umanitaria e irreversibile del popolo palestinese a Gaza, nel silenzio delle principali cancellerie dei paesi occidentali rotto solo dalla straordinaria mobilitazione civica dei popoli, l’intensificarsi della guerra in Ucraina e i rischi concreti di un coinvolgimento diretto dell’Europa, non ci fanno stare tranquilli.
Immaginiamo non sia facile per le imprese più innovative, impegnate sul fronte della sostenibilità ambientale dei propri beni e servizi, programmare la propria crescita economica e i propri investimenti in un’economia di “guerra”. Per queste ragioni abbiamo voluto dare spazio, in questo numero presente a Ecomondo a Rimini, a un settore economico che consideriamo strategico per la crescita del Paese ma anche per un’economia di “pace”.
In questo percorso, iniziato ormai più di due anni fa, vogliamo tornare a raccontare comportamenti di aziende e associazioni che ogni giorno si misurano con il territorio locale e la globalità di questo nuovo “disordine”.
È in questo contesto che a novembre si terrà il nuovo summit sul clima COP 30, ospitato in Amazzonia: un appuntamento importante, decisivo, per capire se andiamo avanti nelle difficili ma necessarie politiche di contrasto e mitigazione dei cambiamenti climatici prodotti dalle emissioni carbon-fossili, oppure se torniamo indietro rispetto agli accordi di Parigi.
Noi auspichiamo una spinta decisiva alla riduzione delle emissioni inquinanti, all’aumento delle energie rinnovabili, alla conversione ecologica dell’economia, al contrasto di ogni tentazione di accompagnare ai rischi del nucleare militare anche quelli dell’illusione del nucleare civile (oggi ancora troppo legato alle vecchie e obsolete tecnologie del secolo scorso).
C’è poco da stare tranquilli, ma noi non ci rassegniamo. Ci sono energie nella società civile, nell’economia, nelle istituzioni per ribaltare il tavolo e indirizzarlo verso una pace difficile ma necessaria.
Se c’è bisogno di un nuovo patto globale, si dia spazio ai negoziati e non al riarmo; se c’è bisogno di una nuova economia più giusta e sostenibile, si orientino le risorse pubbliche in questa direzione; se c’è bisogno di una nuova stagione di lotta ai cambiamenti climatici e alle sue conseguenze sulla vita delle persone e delle imprese, non si perda l’occasione del vertice in Amazzonia COP 30.
Quando Articolo 9 arriverà ai nostri lettori, che ringraziamo, speriamo che l’orizzonte sia meno cupo di quello che osserviamo mentre chiudiamo questo numero.
