Il climate change nell’era di Trump, intervista a Grazia Francescato

Le sfide del climate change sono ancora sostenibili in un mondo che sta cambiando rapidamente dopo l’elezione di Trump a presidente USA?

Quella del climate change è la sfida della COMPLESSITÀ per eccellenza: un intreccio tra crisi ambientale, sociale ed economica che galoppa a una velocità mai sperimentata prima nella storia umana. Dato che ne ho personalmente seguito il percorso fin dalla prima conferenza ONU su Ambiente e Sviluppo del 1972 a Stoccolma, posso dire che in mezzo secolo si è fatto “TOO LITTLE, TOO LATE”. Ovvero, troppo poco e troppo tardi, come scandisce un noto slogan ambientalista.

Prigioniero del mito della crescita illimitata, che si traduce, oltre che in danni ambientali, anche in crescenti disuguaglianze e perdita dei diritti, il nostro modello di sviluppo si è rivelato incapace di perseguire la triplice sostenibilità (sociale, ambientale ed economica) necessaria ad affrontare la sfida del climate change e della perdita vertiginosa di biodiversità.

L’insediamento di Trump, noto negazionista e sostenitore accanito dei combustibili fossili (“Drill, Baby, Drill!” è il suo grido di battaglia), segna una pericolosa regressione verso un modello fossile di economia e un salto indietro della coscienza collettiva negli USA e non solo. Nonché un peggioramento del gap delle disuguaglianze e un attacco senza precedenti ai valori e all’architettura della democrazia USA.

E, in un intensificarsi delle guerre e dei conflitti, quasi sempre legati all’accaparramento delle risorse naturali — oggi le terre rare in primis — la strada è più in salita che mai, considerando che il 2024 è stato l’anno più caldo di sempre e che il contenimento delle temperature a 1,5° voluto dagli accordi di Parigi è ormai saltato, mentre gli scienziati avvertono il rischio di un aumento di 2–3 gradi con connessa impennata degli eventi estremi, ormai quadruplicati nell’ultimo decennio.

Nonostante vari balzi in avanti delle rinnovabili e delle strategie green, e una maggiore sensibilità sui temi, sta guadagnando terreno la necessità urgente di rafforzare le politiche di adattamento e di attenuare o rinviare quelle del taglio delle emissioni, optando di fatto per il business as usual.

Per capire a fondo il perché di questo cedimento, consiglio la lettura del libro “La Grande Cecità” dello scrittore indiano Amitav Ghosh, il quale sostiene che la crisi climatica è soprattutto la crisi della nostra cultura occidentale e dell’immaginario che ne deriva. E ci invita ad ascoltare “la voce del non umano”, quella di Madre Terra.

L’Europa rimane in questo contesto un argine imprescindibile anche se molto affaticato?

Se in questo cupo scenario siamo alla ricerca di un orizzonte di speranza, lo sguardo di noi ambientalisti (e non solo, anche dei sostenitori della democrazia) non può che volgersi verso la cara vecchia Europa. Sempre più in affanno, stretta tra le follie trumpiane d’oltreoceano e l’assalto dei nazionalisti dentro le sue stesse mura, l’Europa arranca non solo sulla lotta al cambiamento climatico ma anche sulla difesa dei diritti e dei valori di democrazia e libertà.

L’annacquamento del Green Deal e di tutto il pacchetto relativo alla transizione ecologica è stato accompagnato da rinunce che la dicono lunga sul venir meno dell’impegno green. Un solo esempio simbolico: i fondi ESG (Environmental, Social and Governance), ovvero il rating di sostenibilità che rappresenta l’impatto ambientale, sociale e di governance di un’impresa, hanno fatto registrare nell’ultimo trimestre 2024 un record di riscatti pari a 7,3 miliardi di euro ritirati dai fondi europei.

Nel mondo finanziario, i temi della sostenibilità stanno passando di moda e il trend sembra destinato a peggiorare, viste le politiche di Trump. L’Europa per ora resiste, ma la sua leadership green è appannata e bisognerà lottare duramente per difendere le conquiste a fatica raggiunte.

Il ruolo della Cina e dei paesi asiatici sta cambiando sulle politiche di sostenibilità?

La Cina approfitta ed approfitterà sempre più, nei modi silenziosi e astuti che le sono propri, dell’arretramento degli USA sul fronte della leadership mondiale, compreso il settore green. Basta vedere i dati della National Energy Administration: nel 2024 il Paese ha stabilito un nuovo record nelle rinnovabili, aggiungendo 277 gigawatt di solare e quasi 80 di eolico.

Anche se ancora dipendente dalle centrali a carbone, può candidarsi a diventare leader mondiale nella transizione energetica e nella lotta al cambiamento climatico. I veicoli elettrici non sono che la punta dell’iceberg. Proprio in queste ore sto leggendo la recente lettera dell’Ambasciatore Cai Run, capo della Missione cinese alla UE, che assegna largo spazio alla cooperazione sulle strategie green.

Come informare correttamente i nostri lettori sulla Restoration Law approvata nel 2024?

Per controbilanciare l’indebolimento sulle politiche della transizione ecologica, l’UE cerca di dare più fiato e fondi alle NBS (Nature Based Solutions), riassumibili nello slogan “Lavorare con la natura e non contro”. Importante anche la Restoration Law, che mira al recupero a lungo termine della biodiversità e della resilienza degli ecosistemi terrestri e marini, mettendo insieme lotta al climate change e difesa della natura.

Tabella di marcia ambiziosa: almeno il 30% degli habitat entro il 2030, il 90% entro il 2050. Personalmente me ne occupo da cinque anni e posso inviare documenti ai lettori che ne faranno richiesta.

Dobbiamo passare dalla transizione alla Conversione Ecologica, come ci indicava Alex Langer?

Il pensiero di Alex era profetico, oggi più attuale che mai. La Conversione Ecologica presuppone un salto di qualità della coscienza collettiva: cittadini consapevoli, impegnati nel perseguimento di un diverso modello di sviluppo.

Purtroppo l’ecosistema più a rischio oggi è la mente umana, soprattutto la connessione mente–cuore. Cittadini meno consapevoli sono meno disposti a lottare per i valori della democrazia e per la difesa del pianeta, e sono più a rischio di cadere in balia di interessi forti planetari — che spingono verso disumanizzazione e autoritarismo.

Come stanno tentando di fare, all’ombra di Trump, i nuovi “maschi alfa” dell’high-tech: da Elon Musk a Sam Altman a Peter Thiel. Capire cosa vogliono e cosa pensano è essenziale per rimanere consapevoli e decidere dove… tirare il sasso! Sulle orme di Davide contro il nuovo gigante Golia dei nostri tempi.